)*(Stazione Celeste) 

-L/L Research-

 

Sunday Meditation

 

 

 

 

GESÙ

Q’uo attraverso Carla L. Rueckert

6 Dicembre 2003 

Domanda del Gruppo: Questa settimana, nello spirito della stagione in cui stiamo entrando, vorremmo delle informazioni riguardo all’entità che conosciamo come Gesù il Cristo, Gesù di Nazareth. Apprezzeremmo molto qualsiasi informazione riguardo a quest’entità o alla sua incarnazione.

(Canalizza Carla)

Siamo quelli a voi noti come il principio di Q’uo, e vi salutiamo nell’amore e nella luce dell’Uno Infinito Creatore, al Cui servizio veniamo a voi. Vi ringraziamo molto per averci chiamati nel vostro gruppo, con l’intensità e l’energia della vostra ricerca. È una grande benedizione per noi essere chiamati in questo modo e che ci sia permesso offrire l’umile servizio di condivisione dei nostri pensieri ed opinioni. Siamo parte di quella Confederazione d’entità, la cui sola speranza è offrire tali pensieri a chi desidera accelerare il ritmo dell’evoluzione della propria mente, corpo e spirito. Veniamo in risposta alle grida di dolore delle entità sul vostro pianeta e possiamo solo sperare che i nostri umili pensieri possano aprire finestre e lasciar entrare della luce e dell’aria, dove, forse, c’è stata oscurità di pensiero. Vorremmo poterla illuminare! Questa è la nostra speranza, illuminare, energizzare, abilitare quei meravigliosi spiriti cui parliamo oggi. Vi ringraziamo per aver sacrificato del tempo, dedicandolo alla ricerca. Vi chiediamo solo una cosa in cambio ed è che ci ascoltiate con grande discernimento, trattenendo quei pensieri che vi piacciono e lasciando indietro il resto.

Oggi ci chiedete di colui noto come Gesù. Quest’entità è conosciuta con molti nomi. Il nome della sua gioventù era Jehoshua. Il nome Gesù non è quello che quell’entità ha udito, a meno che fosse pronunciato da quelli non provenienti dal suo stesso paese, perché quel nome particolare è la versione Greca di un nome Aramaico. Tuttavia, chiameremo quell’entità Gesù, poiché questo è il nome con cui lo chiamate, quando parlate nelle vostre conversazioni con quelle entità che non vedete, ma la cui influenza certamente percepite. La richiesta di colui noto come G era di parlare della vita di quest’entità. 

La vita di colui noto come Gesù è stata alquanto insolita, in quanto l’entità era un essere fuori del comune, e condivideva – insieme a molti di chi si trova entro questo circolo (di ricerca) e molti di quelli che chiamano loro stessi erranti – la destrezza della mente e l’acutezza dell’intelletto che gli ha permesso, ad un’età molto precoce, di essere chi era intellettualmente in grado di studiare e di capire concetti astratti, in modo che fosse, secondo la sua vera natura, incline a pensare, riguardo ai misteri che non poteva risolvere, al mistero più grande di tutti: la mancanza di limite all’immaginazione.

Questo infinito e questa eternità che colui noto come Gesù sentiva dentro di sé, lo spingevano sempre avanti. Era fortunato abbastanza da abitare in ciò che questo strumento (Carla) chiama una piccola città, in cui la sua famiglia aveva una casa umile ma adeguata ed una comunità di persone che potevano insegnare soggetti spirituali o religiosi. Colui noto come Gesù indugiava vicino a quegli insegnanti, leggendo e facendo domande e leggendo ancora, finché come adolescente, quell’entità fu considerata una sorta di rabbino. Insieme con le ricerche da studioso, che quell’entità aveva perseguito come suo hobby principale, l’entità trascorreva molte ore anche accanto a suo padre e a suo zio, imparando i loro commerci e lavorando il legno, raccogliendo varie erbe e quelle sostanze naturali che erano note per avere proprietà medicinali.

Colui noto come Gesù aveva la tendenza ad essere alquanto solitario e al calar della notte gli piaceva svignarsela. C’era, vicino al villaggio in cui i suoi genitori vivevano, un luogo alto. Non era nient’altro che ciò che questo strumento chiama una protuberanza o un piccolo rialzo di roccia, tuttavia l’arrampicata di quella modesta protuberanza fino al suo crinale, creava dentro di lui una sensazione di pace che non trovava altrove. Era sua abitudine osservare le stelle ed immaginare la mancanza di limiti. Il senso prevalente di possibilità infinita rimaneva su di lui in quei momenti e molto della vera sostanza della maturità spirituale di quell’entità veniva ottenuta non grazie agli insegnamenti dei suoi genitori o agli insegnamenti di quei leader spirituali che la piccola città offriva, ma, piuttosto, dal silenzio che egli era capace di trovare dentro se stesso, mentre guardava nelle profondità del cielo notturno.

All’età di quattordici anni circa, a quell’entità era stata offerta l’opportunità di studiare con altre due entità della stessa piccola città, che avevano interesse per gli studi spirituali che i rabbini del villaggio erano felici di offrire. Così è derivato un periodo di alcuni anni, in cui quell’entità studiava, pregava e meditava con un gruppo che questo strumento chiama gli Esseni. Questo ha ulteriormente permesso a colui noto come Gesù di disciplinare la sua alquanto vivace e ribelle personalità e di perfezionare dentro se stesso la fame che egli sentiva per la verità.

Gradualmente, mentre cominciava a maturare, gli sovvenne che doveva viaggiare e così aveva cominciato a percorrere un sentiero che era tanto vario quanto il suo senso della forma di ogni giorno. Partì in pellegrinaggio, sebbene colui noto come Gesù non pensava certamente in questi termini: era semplicemente stato chiamato sulla strada. Guidato dallo spirito e dal silenzio, attraversò parti dell’Africa e parti dell’India. (Abbiamo difficoltà ad utilizzare nomi di luoghi con questo strumento, poiché non ha familiarità con quelle regioni.) Affrontando la fame e gli estremi del tempo, colui noto come Gesù percorse molti chilometri e visitò accampamenti, caverne e i luoghi sacri di coloro che pensavano lungo le stesse linee che gli erano state insegnate e quelli che non pensavano in quel modo, imparando sempre, accumulando saggezza, vagliando, ponderando e arrivando gradualmente ad un senso sempre più completo di chi era, non come chi ha imparato quelle cose, ma come chi è stato testimone del processo di quell’apprendimento, il suo rendersi conto e il suo adattamento a quegli schemi di pensiero che trovava veramente utili.

Era stato durante quella fase che colui noto come Gesù, divenne gradualmente più consapevole della forma del suo ministero futuro. Diamo a questo strumento l’immagine delle montagne, delle dolci acque e il nome Kashmir, come luogo più lontano che quell’entità raggiunse, prima di cominciare il viaggio verso non esattamente casa, ma il viaggio verso ciò che quell’entità molto scrupolosa sentiva fosse il suo futuro e il ministero prescelto.

Mentre quell’entità viaggiava, uno dei suoi parenti, colui [noto] a questo strumento come Giovanni Battista, aveva cominciato il proprio ministero. Sentendo una vera compulsione verso la purificazione di se stesso, lasciando cadere da se stesso tutte le cose che non erano sacre, colui noto come Giovanni cominciò ad attrarre proseliti con un messaggio molto semplice e diretto, il messaggio dei profeti da tempo immemorabile: ritorno al Creatore, fine degli errori e servire solo il più elevato e il migliore. Quell’entità aveva introdotto ciò che egli chiamava battesimo, il lavaggio del sé in modo simbolico e cerimoniale, in modo tale da vedere l’acqua come l’emblema che lava tutti i peccati. Il potere della purezza di quell’entità e il suo carisma, crearono un gruppo di proseliti sempre più grande, ovunque scegliesse di apparire da quelle distanze del deserto in cui nessuno andava. E fu nel luogo in cui colui noto come Giovanni Battista battezzava, che colui noto come Gesù trovò sia l’ispirazione per stabilire un principio che l’inizio del suo ministero.

È da notare, dato che colui noto come Giovanni era un membro della famiglia, come egli riconoscesse in suo cugino, colui noto come Gesù, non un cugino, non un parente, ma il Messia, come intendeva quel termine, “colui che viene nel nome del Signore” [1]. Una straordinaria quantità di potere fu trasferita da Giovanni a Gesù e da Gesù a Giovanni in quel tempo. Era stato un giorno veramente notevole, uno che può essere visto essere il punto in cui colui noto come Gesù si era spostato dall’essere testimone all’essere attore, dall’essere al fare, dal potenziale al reale, dall’interiore all’esteriore.

Se possiamo, faremmo una pausa per notare ora la quantità di tempo che colui noto come Gesù ha trascorso viaggiando in solitudine, ha parlato a tutti quegli uomini della saggezza che aveva potuto trovare ed è passato attraverso la purificazione del pellegrinaggio in cui non si fa rifornimento di cibo o di conforto, ma solo due piedi su una strada polverosa e stranieri alla fine della giornata. Un tale allenamento è essenziale se si desidera creare la vita che ha profondità e potere. E questo è stato fatto da colui noto come Gesù, non perché sentiva fosse giusto, ma perché la sete e la fame per la verità lo spingevano sempre avanti e la bellezza della ricerca era irresistibile, così che c’erano sia il bastone della sua fame che la carota della bellezza di quegli spazi dentro che egli riuscì ad occupare, grazie alla lunga conoscenza con il silenzio, la lunga disciplina del corpo e lunghi periodi d’ascolto, sia degli altri e di ciò che avevano da dire, sia della voce dei suoi stessi pensieri.

Nella conversazione che ha preceduto questa meditazione è stato detto, da diverse entità, che è una cosa molto interessante guardare i propri pensieri ed esserne consapevoli mentre insorgono, non per giudicarli, ma per rendersi conto del contenuto degli stessi, specialmente di quelli che si ripetono. È un processo in cui si è in grado di andare sempre più in profondità dentro il sé, semplicemente per mezzo dell’attenta osservazione.

Durante questo periodo di tempo, colui noto come Gesù si era mantenuto, per la maggior parte, distante da qualsiasi relazione personale, sia con uomini che con donne. Ma, certamente, quell’entità non era privo degli uomini e delle donne che amava. La vita di un predicatore errante non è una vita che si può facilmente adattare ad un compagno e alla crescita di una famiglia ed era la sensazione di colui noto come Gesù che questi non erano piaceri cui poteva partecipare. Di conseguenza, per la maggior parte, quell’entità si era tenuta lontana ed era contenta di avere relazioni non dette, tuttavia molto profonde con sua madre, suo fratello, suo cugino e quei discepoli, sia uomini che donne, i cui cuori poteva veder essere della stessa sete e fame per la verità che egli era.

Quasi tutti gli scritti riguardanti colui noto come Gesù, hanno a che fare con quelle storie che quel maestro ha raccontato durante i tre anni, più o meno, del suo servizio attivo. Troviamo che non è possibile, con questo strumento (Carla) in uno stato cosciente, entrare nei dettagli come, forse, è sperato, poiché c’è una superficialità intrinseca in tali storie che, poiché questo strumento ha chiesto un certo tipo di contatto, non rientra nei parametri di quel contatto [2]. Dal punto di vista dell’essenza o della sostanza della vita di quell’entità, possiamo dire che era una dolce, eppur fiera entità secondo la personalità, deciso nella ricerca, deciso nell’auto-osservazione e dotato dell’abilità di capire la natura della gente e, in alcuni casi, persino ciò che pensavano. Questo non lo rendeva simpatico alla maggior parte della gente, poiché c’è sempre qualcosa che fa paura riguardo ad un’entità che può osservare non solo voi ma “dentro” di voi. Egli perciò, era sempre una presenza intimidatoria. Certamente coloro che si trovavano nella struttura dell’autorità nella vita religiosa della società circostante, trovavano l’entità sempre più inquietante. In parte, perché quell’entità dimorava in una parte del mondo in cui era un nativo marginale, vale a dire che dimorava vicino ad un gran numero di quelli che si potevano chiamare Giudei o quelli della tribù di Giuda. Quella tribù portava con sé, diciamo, un punto di vista conservatore in cui molta dell’enfasi veniva posta sull’atteggiamento del corpo, dell’abito del corpo, del rituale appropriato per ogni giorno ed ogni ora del giorno, e così via. C’era la sensazione che quelle osservanze religiose creassero una vita vissuta bene spiritualmente, laddove, secondo il punto di vista di colui noto come Gesù, tutte quelle regole e regolamenti erano, lontane dall’essere utili, davvero quelle cose che oscuravano la propria veduta del Creatore.

Quell’entità desiderava molto che la gente facesse precisamente ciò che suo cugino Giovanni suggeriva, di cambiare la loro vita, come ha sentito questo strumento nel sermone durante la sua osservanza religiosa stamattina. Quel prete che ha offerto quei pensieri ha detto che il termine “pentirsi” significa letteralmente “avere un’inversione di tendenza”, cambiare totalmente la vita. Questa era la conclusione cui colui noto come Gesù era arrivato, che c’era di più nell’entità metafisica che era chiamata Israele che nella tribù di Giuda. C’era molto di più nell’essere un ricercatore spirituale che nelle forme esteriori. Naturalmente, poiché quell’entità aveva trascorso anni d’addestramento nel misticismo e quelle pratiche del silenzio che il misticismo incoraggia, aveva poca pazienza con quelli che si identificavano con l’osservanza religiosa.

Inoltre, quell’entità, essendosi trovata al limitare delle grandi città, non veramente urbane in natura e non veramente fra chi erra nella parte nomade della sua gente, si convinse che la sua missione di base era risvegliare tutte le tribù disseminate d’Israele. Questo strumento (Carla) ha impegnato del tempo nello studio, con colui che lei chiama Papa, la composizione di queste altre tribù della cosiddetta nazione d’Israele. Lavorando con questo concetto, questo strumento ha scoperto che la disseminazione delle tribù d’Israele era risultata non solo in un gran numero di Ebrei dispersi, ma, piuttosto, in quelli che erano diventati i Cristiani Ortodossi e i Cristiani Protestanti; semplicemente a causa dello schema della loro diaspora, a causa della marcia del tempo, a causa della marcia dei Cristiani e della storia del mondo. Quindi, si può dire onestamente che colui noto come Gesù, fino ad un sommo grado, per un periodo lungo circa duemila anni, ha davvero avuto il suo messaggio condiviso fra tutti quelli che erano persi.

E il messaggio rimane sempre semplice. Anche quando colui noto come Gesù era nella crisi più funesta, ciò che quell’entità ha fatto per sistemare i suoi discepoli, coloro che avrebbero continuato dopo di lui, per il loro insegnamento era, come colui noto come T ha detto, di usare qualcosa di molto familiare. In questo caso non era l’acqua, perché non c’era acqua da bere con il pasto, ma il vino. Ma quell’entità ha scelto di prendere la carne e la bevanda come simboli della sua natura e ciò che disse è stato: “Quando mangiate il pane, ricordatevi di me. Quando bevete il vino, ricordatevi di me”. Di nuovo, la parola “ricordare/rimembrare”, come la parola “pentirsi”, è la chiave. Rimembrare è riunire i membri. Colui noto come Gesù desiderava riunire tutti quelli che erano venuti ad imparare e a servire nel mulino del pianeta Terra.

Colui noto come Gesù aveva la consapevolezza che il tempo fosse breve, quella stessa consapevolezza che potete vedere ripetutamente ogni volta che entità di grande ispirazione e purezza arrivano a stringere le maree più profonde del tempo e dello spazio. Nel senso del tempo reale, duemila anni non sembrano essere un breve periodo di tempo. Osservati attraverso l’espansione di un ciclo di tempo lungo forse settantacinquemila anni [3], gli ultimi duemila anni, il ciclo dei Pesci, sembrano davvero un breve periodo di tempo, specialmente perché colui noto come Gesù aveva, fino ad un certo grado, sviluppato la capacità di lavorare entro ciò che questo strumento chiama tempo circolare ed era così consapevole sia del tempo lineare e di quel livello di realtà prevalente che tutti qui condividono, ed anche della realtà sottostante dei piani interiori, in cui i tempi finali, come questo strumento è solita chiamarli, erano già cominciati. Le cose accadono nei piani interiori molto prima di cominciare ad apparire nel piano fisico. Le radici dell’esperienza fisica sono spesso rappresentate come un albero che cresce verso il cielo e solo i suoi rami raggiungono la Terra, così le cose sono già accadute nelle radici dell’albero e nel tronco dell’albero del destino molto prima che appaiano come foglie e fioriscano sui rami della realtà prevalente o vita fisica.

Quell’entità non si vedeva precisamente come Gesù il Cristo, Figlio di Dio, che è pregato da molti, in quanto vedeva se stesso [come] chi si è svuotato per poter assumere una persona più grande. Vedeva questo come l’assunzione della sua missione di vita. Vedeva questo come la sua accettazione del ritorno al Padre e della sua immolazione al Padre. Vedeva se stesso come quell’entità il cui solo desiderio era adempiere quei piani che sentiva che il Padre aveva. Ed è rilevante che ad un certo punto disse ai suoi discepoli: “Ho un cibo ed una bevanda che voi non conoscete,” [4] ed i suoi discepoli erano perplessi perché non gli avevano dato alcun cibo. Ma egli disse loro: “Il mio cibo è fare la Volontà del Padre che mi ha mandato”. Di nuovo, l’immagine del cibo e della bevanda sono utilizzate per indicare ciò che nutre veramente quella particolare entità.

Quell’entità non castigava se stessa o cercava di abbattere la sua natura umana. Anzi, era un’entità la cui fame di purezza era tale che voleva molto e si lanciava verso la capacità di perdersi, di perdere la struttura dell’ego che avrebbe voluto i suoi desideri e le sue voglie lontani dalla volontà del Padre. Per colui noto come Gesù, tutto il resto era come niente e gli era permesso semplicemente cadere. Quell’entità non rinnegava le sue radici, il suo passato e così via, ma l’entità aveva abbracciato una vita che vedeva veramente come il suo destino. E quel destino era definito solo giorno per giorno. Non poteva conoscere la volontà del Padre per nessun giorno, tranne che per l’oggi. Perciò la preghiera che egli ha insegnato si è focalizzata su un giorno e ha chiesto certe cose semplici. Lasciate che la Terra sia come il Cielo. Portiamo il Cielo in Terra. Lasciate che le persone si occupino una dell’altra. Lasciate che le persone si giudichino l’un l’altra come desiderano essere giudicate e lasciate che tutte le lodi, la gloria ed il potere siano dati solo al Creatore [5].

Ci sono alcuni momenti salienti, alcune parti degne di nota dell’essere di quell’entità, che spiccano quando osserviamo la sua incarnazione. Il manto della Cristicità non sempre è stato leggero. Colui noto come Gesù ha sofferto ed ha proteso davvero le sue braccia su quell’albero di cui colui noto come Dave Matthews ha cantato, [6] ed ha rinunciato alla vita, al mantello e a tutto. Quando osserviamo quel momento di sacrificio, offriamo le parole: “Non la mia volontà, ma la Tua”, per indicare la forza della dedizione di quell’entità. Non che non avesse un ego. Non che non fosse umano. Aveva personalità, umorismo, rabbia, tutte le emozioni. Era un’entità normale, entro i parametri della normalità, diciamo. Egli era fortunato nei suoi doni, puro e meticoloso nella sua dedizione.

Quest’entità (Carla) ci informa che dobbiamo andare avanti e così facciamo, ma non senza un grazie a colui noto come G che ci ha chiesto di quell’entità (Gesù). Davvero, la vita di quell’entità ha molto per cui essere ammirata ed osservata attraverso il vetro appannato delle storie scritte in modo imperfetto e ricordate malamente. Persino le imperfezioni e le distorsioni non possono nascondere quel messaggio d’unità (oneness), ciò che questo strumento chiama la Legge dell’Uno, che egli ci ha portato. Molto è stato detto in questo gruppo e nella vostra cultura riguardo a ciò che questo strumento chiama la seconda venuta. E noi diciamo ad ognuno di voi, che il manto della Cristicità è il destino di ogni entità. Il percorso dalla Terra al Cielo, dalla terza densità alla quarta, è un percorso che tutti intraprenderanno. Ognuno ha ego, ognuno ha personalità, tuttavia ognuno ha doni e dedizione, due piedi ed un polveroso sentiero. Le benedizioni abbondano.

Chiediamo, ora, ci sono altre domande?

G: Q’uo, Gesù era consapevole di essere un errante sul pianeta Terra? In che modo colui noto come Gesù si avvicinava alla sua sofferenza? Cosa ha detto a se stesso, quando ha provato le emozioni di rabbia, dubbio, frustrazione o dolore, ecc.?

Colui noto come Gesù, non era in alcun modo consapevole di nessun passato cosmico o della possibilità di altri mondi o di altre entità su quei mondi. Tuttavia, quell’entità era stata ben istruita come mistico ed aveva dentro di sé il senso dello spazio illimitato.

Dal punto di vista di come affrontava il proprio ego quando si trovava di fronte alla sofferenza, quell’entità si muoveva quasi completamente su ciò che questo strumento chiama risonanza. Quando affrontato dalla sofferenza, quell’entità entrava in un posto entro la sua coscienza in cui era in grado di essere trasportato nel silenzio e di aspettare la risonanza. E quando la risonanza arrivava, non lo faceva quasi mai con le parole, ma, piuttosto, con emozioni purificate, come questo strumento le chiama, quelle sensazioni che si muovono molto oltre le sensazioni di superficie della paura o del dolore, quelle sensazioni che sono di connessione e di leggerezza, così che colui noto come Gesù era semplicemente in grado di disconnettersi dalla sofferenza che stava attraversando, né rinnegandola né reprimendola, ma permettendola e persino appoggiandosi  e dedicando quella sofferenza all’Uno infinito con la fede assoluta che quello era il posto perfetto in cui essere.

Il mantra era sempre: “Cosa vorrai farmi fare?” C’era una preoccupazione vivida che prevaleva sopra ogni emozione ed ogni dolore, ed era l’assoluta determinazione di penetrare ciò che la divinità desiderava e di adempierla. E per quell’entità, questo significava riunire tutte le persone sparse e portarle in una consapevolezza e in un ricordo di chi erano e perché erano qui. Il dono di quell’entità era che la sua meta era elevata abbastanza da durare un migliaio d’anni.

Possiamo risponderti ulteriormente, fratello mio?

G: No, grazie Q’uo.

C’è un’altra domanda, ora? 

T: Q’uo, ho una domanda sulla musica ed il suono. Potete parlare un po’ riguardo al modo in cui la musica, il suono e la vibrazione possono essere usati come una risorsa per la ricerca spirituale?

Siamo quelli di Q’uo e siamo consapevoli della tua domanda, fratello mio. Il tono musicale è letteralmente una vibrazione e l’estensione dei toni musicali è direttamente connessa all’estensione dei chakra, diciamo, o centri energetici del corpo energetico. Ogni essere sopra il vostro pianeta e sicuramente ogni essere ed ogni briciola della creazione stessa, ogni fiocco di neve canta, ogni pietra ha il suo tono, ogni fiore, ogni uccello, ogni entità di qualsiasi tipo ha una canzone e il significato spirituale del tono è che questo aiuta a muovere, per mezzo di una vibrazione favorevole, il corpo energetico in una configurazione più utile.

Possiamo risponderti ulteriormente, fratello mio?

T: No, grazie Q’uo, questo è stato molto utile.

Ringraziamo te, fratello mio. C’è un’altra domanda dal gruppo, ora?

S: Sì, io ho una domanda. Recentemente C ha subito ciò che Carla chiama saluto psichico [7] che sembra aver affrontato efficacemente, ma appena prima di questo ha pensato a Q’uo. Eravate là per offrire supporto, anche se solo un pensiero? Potete forse dirmi qualche cosa di quella situazione?

Siamo quelli di Q’uo e siamo consapevoli della tua domanda, fratello mio. Possiamo dire solo che è piuttosto vero che ogni volta che c’è un pensiero per noi, noi siamo là. Non ci intromettiamo, ma siamo in sintonia con quelle entità che sono state in sintonia con noi, se puoi seguire il nostro pensiero. Colei nota come C è consapevole di noi, è consapevole che ci può chiamare e siamo là istantaneamente, quando il pensiero di noi viene generato con la speranza che ci sia aiuto in quel pensiero. È nostro grande privilegio servire durante momenti in cui un aiuto fermo è necessario e ci fa molto piacere che colei nota come Cindy abbia avuto la sensazione che fossimo d’aiuto in quel momento.

Possiamo risponderti ulteriormente, fratello mio?

S: Ho avuto delle intuizioni riguardo al lavoro che dovrei fare e sebbene possa essere il lavoro dell’amore, c’è un certo blocco di paura in me. So che non dovrei averlo, ma è là e mi chiedevo se mi potete dare dei suggerimenti sul modo di superarlo.

Siamo quelli di Q’uo e siamo consapevoli della tua domanda, fratello mio. L’obbiettivo della paura è di portare fuori strada il progresso. La via della paura è oscurare il sole con l’ombra. Possiamo semplicemente dire che non c’è niente di intrinsecamente dannoso o sbagliato riguardo al sentirsi insicuri del futuro o [chiedendosi] se si è equipaggiati per servire nel futuro. Tuttavia, dal punto di vista dell’affrontare una tale sensazione, troviamo grande virtù nell’affrontarla un giorno [alla volta], che colui noto come Gesù era così bravo a manifestare nella sua esperienza. Il concetto è familiare dalle molte volte che la Alcolisti Anonimi si è introdotta nella cultura con il suo motto: “Un giorno alla volta”, e questo strumento conosce la canzone: “Un Giorno alla Volta, Dolce Gesù”, che è, a proposito, una preghiera molto appropriata.

Ciò che stiamo cercando di dire, e non molto bene, è che ogni giorno è una sua entità e ogni giorno quel grande nodo di paura si può mostrare qui o là. Quando si fa vedere, è molto locale ed è focalizzato e specifico e nel contesto di un giorno, di un pensiero e di un processo. Diventa poi possibile prendere quella paura specifica e stare con lei. Non vi suggeriamo di tentare di risolvere, reprimere o superare qualsiasi dubbio o paura che possa insorgere. Anzi, vi incoraggiamo a stare con loro, come un loro testimone, di ascoltare la storia che hanno da raccontare e di reagire dentro come testimoni di quella storia. “Cosa pensate? Come vi sentite?” Andate sempre più in profondità, cercando dentro lo strato successivo, così che la paura diventi un trampolino per aiutarvi a ricordare che state cercando chi siete e perché siete qui.

La forma del servizio è elaborata nella fornace della purificazione ed attenzione quotidiane. La semplice abilità di fare attenzione di cui parlavate prima, di essere consapevoli della natura reale degli atti che vengono da voi e vi sono offerti, gli scambi d’energia che avvengono fra voi e voi stessi, fra voi e gli altri, fra voi e le forze della natura che vi smuovono e sono così importanti per voi – tutte queste cose sono elementi di una vita che è una sorta di fioritura del sé che potete incoraggiare, potete innaffiare, potete offrire del fertilizzante con quelle cose cui fate attenzione.

Possiamo risponderti ulteriormente, fratello mio?

S: Credo che questa sia una di quelle cose che, come molte delle vostre parole, quando leggo ripetutamente una trascrizione, ci penso, la leggo e la rileggo mi offre, come in  passato, grande conforto. Perciò per ora, penserò a ciò che avete detto e terrò a mente la mia eterna gratitudine.

Anche noi ringraziamo te, fratello mio. È nostro piacere e privilegio. C’è una domanda finale ora?

V: Q’uo, ho un rituale che utilizzo internamente, quando entro in ciò che chiamo una meditazione operativa e mi chiedevo se potete parlare dell’efficacia di quel rituale. In che modo si può fare più di così? Qual è la funzione di ciò che io chiamo i punti cinque, sei e sette nella mia bussola?

Siamo quelli di Q’uo e siamo consapevoli della tua domanda, sorella mia. Il meglio che possiamo fare dal punto di vista della non interferenza con il tuo processo è di incoraggiare la consapevolezza del silenzio che modella la forma, l’essenza che modella il simbolo. Posa i piedi, metafisicamente parlando, e permetti con leggerezza di cuore ad ogni forma di avere la sua articolazione simile ad una gemma.

Possiamo risponderti ulteriormente, sorella mia?

V: Bene, poiché ho parlato in modo misterioso, ho meritato una risposta ermetica. Grazie. Lavorerò con questo per ora.

Ringraziamo te, sorella mia. È una grande gioia stare con voi e ci dispiace che sia ora di lasciare questo strumento e questo gruppo. Sappiate che siamo sempre con voi, come abbiamo detto a colui noto come S riguardo a colei nota come C. In qualsiasi momento, se si desidera che noi siamo d’aiuto in qualche modo, saremo consapevoli di ciò nel modo dei vostri piani interiori, in ciò che questo strumento chiama tempo circolare, così saremo là nell’istante in cui chiedete. Vi assicuriamo, tuttavia, che non ci saremo se non ci chiamate. Di conseguenza, se c’è una presenza, specialmente un’irritante e ripetitiva presenza, che si fa chiamare con il nostro nome, vi suggeriamo di sfidarla nel nome di Gesù Cristo, poiché questo disperderà qualsiasi forza non arrivi dall’amore incondizionato e servizio agli altri.

Vi lasciamo, come sempre, nell’amore e nella luce dell’uno infinito Creatore. Ci rallegriamo con voi e vi salutiamo, adonai. Adonai.

Note:

[1] Tradizionalmente, questa frase è connessa con il Messia. Viene vista per la prima volta nel Salmo 117, versi 22-26: “La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo; ecco l’opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso. Dona, Signore, la tua salvezza, dona, Signore, la tua vittoria! Benedetto è colui che viene nel nome del Signore.” Questo passaggio è citato nei vangeli di Matteo, Marco e Luca, come il grido con cui colui noto come Gesù, è stato salutato varcando le porte di Gerusalemme negli ultimi giorni della sua vita.

[2] Lo strumento chiede sempre che le sia dato il migliore e più elevato contatto entro la coscienza di Gesù il Cristo, che possa essere da lei portato in modo stabile e cosciente.

[3] Questa Era è molto più breve di quella dell’astrologia classica, poiché è approssimativamente un dodicesimo dei 25800 anni della precessione dell’equinozio, o 2150 anni. Il ciclo cui si riferiscono è il ciclo di terza densità. Il ciclo maggiore, o la lunghezza della terza densità, è spezzato in 3 “raccolti” di 25000 anni, come li chiama la Confederazione, e, a loro volta, quei periodi di 25000 anni, sono divisi nei dodici segni dello zodiaco.

[4] Dal Vangelo di Giovanni: 4-31-36: “Intanto i discepoli lo pregavano: ‘Rabbi, mangia’. Ma egli rispose: ‘Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete’. E i discepoli si domandavano l’un l’altro: ‘Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?’ Gesù disse loro: ‘Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e di compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura.”

[5] E, certamente, “Dacci oggi il nostro pane quotidiano.”

[6] Dalla sua canzone: “Bartender” (Barista), viene la citazione: “Barista, per favore, riempi il bicchiere per me con il vino che hai dato a Gesù, che lo ha liberato dopo tre giorni nella terra. Sono in ginocchio. Prego, Barista, per favore. Oh, quando ero giovane e non lo sapevo, ma ora non riesco a togliermelo dalla mente. Sono in ginocchio, per favore padre per favore. Oh, se tutto questo oro portasse via la mia anima! Oh, cara mamma, per favore indicami nuovamente la via. Se quest’oro… Barista vedi, questo vino che mi sta bevendo è venuto dalla corda che ha appeso Giuda all’albero del diavolo, radici profonde, profonde nel terreno.”

[7] N.d.T.: Carla utilizza il termine psychic greeting = saluto psichico, al posto di psychic attack = attacco psichico, inteso come attacco da parte di un’entità disincarnata.

* * * * * * * * * *

Trascrizione originale in inglese: http://www.llresearch.org/transcripts/issues/2003/2003_1206.htm

Tradotto da Susanna Angela per StazioneCeleste

www.stazioneceleste.it